A Celle sul Rigo evento di apertura della presentazione
Ieri sera a Celle Sul Rigo, in uno scenario mozzafiato nella PIAZZETTA DEL POZZO, è iniziata la fase di condivisione e di informazione della proposta di candidatura della "TRADIZIONE DELL'APPICCIARE" che proseguirà domani 13 luglio a Torrita di Siena nella CASA DELLA CULTURA alle ore 21:00.
In data 21 giugno 2017, dopo una nutrita concertazione in tutti i comuni della Valdichiana Senese ad opera del gruppo di lavoro di QSR (Dott. Stefano Biagiotti, Ph.D. Filippo Masina e Dott. Alessio Banini), è stata presentata alla Commissione Italiana UNESCO e al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo la proposta di candidatura della "TRADIZIONE DELL'APPICIARE".
L'ambito in cui si colloca la candidatura, tra i beni immateriali da tutelare da parte dell'UNESCO, è le pratiche sociali, rituali ed eventi festivi.
"Appiciare" è un tipico verbo dialettale chianino (cioè, della Valdichiana) che indica la pratica di lavorazione della pasta, svolta in un momento condiviso, per la produzione di un alimento fortemente identitario: i pici.
I pici sono un tipo di pasta fatta a mano, più grandi rispetto ai comuni spaghetti, tipici della Toscana meridionale, la cui ricetta prevede un impasto molto semplice con solo farina ed acqua, ed occasionalmente l'aggiunta di uova. Sono un piatto tipico della tradizione contadina, fortemente legati alla cultura rurale che attraverso la mezzadria ha contraddistinto il territorio per molti secoli. L'attività dell'appiciare è una tradizione sociale e una pratica di socialità peculiare del territorio della Valdichiana Senese: la pasta viene sformata in lunghi spaghettoni, che vengono allungati e srotolati fino a raggiungere la loro caratteristica forma.
La pratica dell’appiciare, in quanto condivisione di uno spazio nel contesto rurale, è legata anche all'antica tradizione della veglia. Si trattava di una pratica sociale tipicamente serale, in cui i membri della società contadina si riunivano a turno nei differenti poderi per conoscersi, parlare, giocare, danzare e raccontare storie. Era largamente diffusa nell’epoca mezzadrile in Valdichiana, ed il suo ricordo è ancora vivo nella mente dei protagonisti dell’epoca o dei loro eredi.
La tradizione dell'appiciare è tramandata in tutto il territorio da una comunità di persone, senza distinzione di sesso o età. L'appiciatura può essere guidata da una o più “massaie”, ovvero - nella definizione tradizionale - le donne più anziane delle famiglie mezzadrili, le quali non si qualificano però come custodi dei segreti dell’arte culinaria da tramandare soltanto alle massaie più giovani, ma come facilitatrici del processo sociale, che è condiviso tra tutti. L’atto dell’appiciare non ha infatti bisogno di periodi di prova, se non un affinamento attraverso la pratica; si qualifica a tutti gli effetti come un atto di convivialità antecedente al pasto, elemento per eccellenza della socialità. La pratica dell’appiciare prevede un momento di condivisione dello spazio tra più persone, soprattutto quando devono essere preparate grandi quantità di pici. Tutti possono lavorare assieme, e la facilità di esecuzione consente la partecipazione anche di bambini e anziani. La bassa difficoltà, poi, non prevede un grosso dispendio di energie fisiche e mentali: gli appiciatori, liberi da eccessive necessità di concentrazione, possono durante l’atto di appiciare parlare, confrontarsi, scambiarsi idee e racconti.
In questo senso, i pici presentano quindi una notevole differenza rispetto ad altri prodotti tipici.
I pici rendono possibile la partecipazione alla loro produzione a tutti i membri della comunità che poi li consumerà; per quanto particolari ristoranti, cuochi o cucine di feste popolari possano vantare maggiore riconoscimento di qualità rispetto ad altri soggetti produttori, l’elemento di primaria importanza è che i pici siano fatti a mano. Prima ancora di essere prodotti da un cuoco, quindi, i pici sono prodotti da una comunità di persone attraverso una pratica di socialità condivisa.
La pratica sociale dell'appiciare contribuisce oggi a mantenere i legami sociali delle comunità della Valdichiana senese, grazie al suo forte legame con le festività tradizionali del territorio.
Le feste tradizionali, le manifestazioni folcloristiche e i momenti rituali del calendario, in contesti rurali come quelli della Valdichiana, divengono dal secondo dopoguerra in poi un momento di costruzione dell’identità sociale e di trasmissione della cultura, favorendo inoltre la valorizzazione dei piccoli centri. La modernizzazione si è configurata come un’aggressione alla tradizionale società contadina da parte di quella urbana e industriale, che ha spopolato le campagne e messo in crisi la cultura e l’economia rurale. Ciò ha prodotto una reazione, che soprattutto dagli anni del boom economico in poi ha visto nascere molte associazioni per la salvaguardia delle tradizioni del passato, dei borghi rurali, delle campagne.
Quello che è importante sottolineare è che il fulcro delle loro attività non è tanto quello di mantenere in vita l’apparato festivo e cerimoniale nella forma originaria in cui ci è stato tramandato, quanto l’impegno a tessere nuovamente la rete dei rapporti comunitari, che è la prima vittima dell’urbanizzazione e dello spopolamento delle campagne. Fondamentali, in questo senso, risultano i riti di questua che grazie alla loro messa in scena permettono il passaggio da un podere all’altro, da una casa all’altra, da una piazza all’altra, riannodando i fili della vita locale e riunendo i membri della comunità.
Le feste della tradizione contadina e la loro diffusione, anche sul territorio della Valdichiana senese, rispondono ad un bisogno che è principalmente sociale. Le reti sociali che da queste pratiche vengono create nel presente sono più importanti dei legami con il passato o il rispetto di precisi cerimoniali. Lo sviluppo economico del dopoguerra ha portato allo spopolamento delle campagne per il drastico calo degli addetti all’agricoltura. Attualmente le comunità rurali, come la Valdichiana, sono abitate da occupati in altri settori, molti di essi pendolari, che lavorano in grandi città o in altri territori, e sono quindi fortemente integrati con l’esterno: una netta differenza con il passato mezzadrile. Le feste tradizionali e le cerimonie locali diventano pertanto un momento di aggregazione tra membri della comunità che altrimenti rischierebbero di non avere più spazi comuni di incontro e di scambio culturale.
L’atto dell’appiciamento, preso a fulcro di queste feste popolari, rappresenta quindi un esempio identitario in cui si guarda alla tradizione, ma si costruisce il presente, nel quadro delle diverse esperienze dei membri della comunità. La pratica dell’appiciare è la condizione sociale, quindi, per cui è esemplificata la sopravvivenza del senso stesso della comunità di persone della Valdichiana.
In tutte le manifestazioni, i pici, come prodotto, sono al centro dell'offerta gastronomica; la pratica dell'appiciare è, invece, il tipico elemento aggregativo della comunità che si spende per organizzare questi eventi.
La presenza capillare dei pici nei menù dei ristoranti del territorio denota la penetrazione del prodotto tipico nel tessuto economico e sociale; così, ne mette in luce i tratti distintivi quali caratteristici della tipicità e dell’identità. I pici vengono offerti agli ospiti, ai visitatori e ai turisti (come si è visto, sempre più numerosi) come piatto della cucina tradizionale, spesso più di altri prodotti tipici locali; questo, in aggiunta alle pratiche sociali a loro connesse, li rende a pieno titolo uno dei più forti tratti distintivi dell’identità della Valdichiana Senese.
I pici sono considerati un elemento fortemente identitario in tutto il territorio della Valdichiana Senese, dunque la candidatura della pratica sociale che li sottende metterebbe in luce in modo preminente una tradizione che ha una forte valenza di aggregazione, in modo prioritario rispetto al prodotto gastronomico in sé; questo contribuisce ad aumentare la consapevolezza, a livello locale, dell'importanza dei patrimoni culturali immateriali e la necessità della loro salvaguardia.
Sul piano nazionale ed internazionale potrebbero essere fatte considerazioni analoghe. In una fase di progressiva disgregazione (o indebolimento) dei legami sociali tradizionali, le pratiche che favoriscono il loro perpetuarsi rappresentano un patrimonio essenziale per le comunità; in particolare, per le piccole comunità. Tanto più laddove esse sono inclusive ed intergenerazionali.
La pratica sociale dell'appiciare si configura come aperta ed inclusiva: non vi sono distinzioni di età, sesso o ceto sociale, e neppure tra autoctoni e immigrati. Questo è vero oggi, con l'immigrazione esterna che porta culture molto distanti da quella tradizionale, come lo era nel passato, quando l'immigrazione era prevalentemente interna: e si configurava dunque come l'arrivo di italiani da altre regioni, in una fase ancora di grande mobilità della popolazione italiana, all'interno e verso l'esterno dei confini nazionali. La condivisione della pratica si traduce dunque in un momento di integrazione tra generazioni e con i nuovi membri della comunità, facilitando l'abbattimento di barriere sociali e culturali.
L'iniziativa posta in campo, della candidatura, è un'ulteriore azione della governance locale per la promozione di un territorio unico; caratterizzato da eccellenze alimentari, scorci di paesaggi dai quali leggere una gestione da sempre rispettosa, storia, cultura e tradizione che, ancora una volta, con questi progetti si cercano di valorizzare, per i residenti e gli ospiti che decidono di vivere momenti in Valdichiana.